Politica economica (TURCHIA)
Dal 1999 la Turchia ha attuato con determinazione il programma di risanamento concordato con il FMI, conseguendo importanti risultati che hanno reso la sua economia sempre più robusta e stabile. A partire dal 2002 la Turchia ha registrato altissimi tassi di crescita (tranne nel 2008 e 2009 a causa della crisi internazionale), con punte eccezionali come il 9,2% del 2010 e l’8,8% del 2011. Lo sviluppo economico è stato favorito anche dall’attuazione di importanti riforme strutturali, come la legge quadro sugli investimenti esteri e la normativa sulla creazione di imprese, e dal lancio di un fitto programma di privatizzazioni. Nel 2008 è stata inoltre approvata l'importante riforma del settore della previdenza sociale e nel 2012 è entrato in vigore il nuovo codice commerciale.
Venendo alle priorità indicate dal Governo per i prossimi anni, tra gli obiettivi principali indicati nel Piano Economico di Medio Termine per il periodo 2019-2021, approvato a settembre 2018, vi sono la crescita economica, la riduzione dell’inflazione e del disavanzo delle partite correnti, la disciplina fiscale e l’aumento dell’occupazione attraverso lo sviluppo della formazione professionale ed una riforma del mercato del lavoro.
A sostegno della crescita dell’economia, il Governo punta ad orientare l’export verso nuovi mercati ed allo sviluppo dei settori economici a maggiore valore aggiunto quali difesa, aviazione, ICT, farmaceutico, energetico e delle energie rinnovabili, petrolchimico e dei macchinari.
Per ridurre l’inflazione, il Piano prevede l’applicazione di un tetto massimo sull’aumento annuale degli affitti (il cui indice di riferimento sarà quello dei prezzi al consumo meno volatili in un contesto di forte deprezzamento valutario). Inoltre sono previsti interventi ad hoc per monitorare l’andamento dei prezzi dei prodotti agricoli e sovraintendere alla stabilità finanziaria del Paese.
Per quanto attiene alla disciplina fiscale, si stima che il deficit si mantenga stabile all’1,9% per l’intero periodo del Piano. Annunciati tagli alla spesa con l’avvio di una spending review, la sospensione di nuovi megaprogetti infrastrutturali, il ricorso al funding internazionale per i progetti esistenti, tagli alla sanità ed innalzamento dell’età pensionabile. Per incrementare le entrate, il Governo punta alla lotta all’evasione ed al miglioramento del sistema dei controlli fiscali, alla riforma del catasto ed alla revisione del sistema di deduzioni e detrazioni per rimuovere quelle meno efficienti ed aumentare la base imponibile.
Il suddetto Piano Economico include le previsioni del periodo 2018-2021. Il target di crescita economica annuale previsto è del 3,8% per il 2018, del 2,3% per il 2019, del 3,5 per il 2020 e del 5% per il 2021. Il tasso di disoccupazione viene invece stimato al 11,3% nel 2018, al 12,1% nel 2019 e fino al 10,8% nel 2021. L'inflazione prevista è del 20,8% per il 2018, del 15,9% per il 2019, del 9,8% per il 2020 e del 6% per il 2021. Il rapporto deficit delle partite correnti/PIL invece è stimato al 4,7% per il 2018, al 3,3% per il 2019, al 2,7% per il 2020 e al 2,6% per il 2021. Il reddito pro-capite sarà invece intorno a 11mila dollari entro la fine del 2021. Il deficit di bilancio in rapporto al PIL previsto è dell’1,9% nel 2018, dell’1,8% nel 2019, dell’1,9% nel 2020 e dell’1,7% nel 2021.
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