Politica economica (INDONESIA)
L'ex Presidente Joko "Jokowi" Widodo ha lanciato nel 2019 l’”Indonesia Maju 2045 Vision”, documento programmatico che mira a rendere il Paese una nazione sovrana, avanzata, equa e prospera entro il 2045. Il piano prefigura i seguenti obiettivi: sviluppo delle risorse umane con l’intento di formare categorie capaci di sfruttare al meglio il dividendo demografico favorevole, continuazione nella realizzazione di grandi infrastrutture, semplificazione della regolamentazione attraverso nuovi strumenti normativi in tema di lavoro e imprenditoria, semplificazione della burocrazia mediante riforme ordinamentali e cultura del risultato, superamento della dipendenza dalle materie prime attraverso un rinnovato impulso all’industrializzazione e alla modernizzazione dei servizi, il tutto orientato alla giustizia sociale. Il percorso indicato da Widodo consiste nel moltiplicare progressivamente la ricchezza del Paese e migliorare sensibilmente il livello di vita della popolazione con l’ambizione di raggiungere il gruppo delle prime cinque economie mondiali nel 2045, quando l’Indonesia celebrerà il centenario dell’indipendenza.
Il Presidente Prabowo Subianto, succeduto a Jokowi nell'ottobre 2024, condivide questi obiettivi fissati dal suo predecessore e aspira a raggiungere una crescita dell'8% entro il suo mandato. Inoltre, le prime dichiarazioni di Prabowo sembrano confermare l’impronta populistica che aveva caratterizzato la sua campagna elettorale, con la proposta di un programma “free lunch-and-milk” per le scuole, che lo ha già condotto a contestare la soglia del 3% per il rapporto deficit/PIL ed a ventilare anche un contestuale aumento delle aliquote fiscali.
Per consolidare lo sviluppo del Paese, l’Amministrazione Jokowi ha varato riforme miranti allo snellimento delle procedure burocratiche, allo sviluppo del commercio digitale e all’attrazione degli investimenti esteri, anche al fine di potenziare le infrastrutture e promuovere l’industria manifatturiera. La proprietà straniera è entro certi limiti ammessa, con restrizioni in settori giudicati sensibili. Il farmaceutico, l’e-commerce, l’industria cinematografica, il turismo, la distribuzione, la gestione delle autostrade, il trattamento dei rifiuti, la ristorazione e la logistica del freddo sono invece aperti al capitale straniero. Va tuttavia segnalato come negli ultimi anni l’Indonesia stia varando regolamenti volti a proteggere il mercato locale dal commercio estero, con misure di “import substitution” come il ban sull’esportazione di minerali non lavorati, il “Local Content Requirement” (LCR) e il “Commodity Balance Mechanism”. La normativa LCR, che non permette l’importazione di diverse merci a meno che una significativa percentuale del prodotto finito non venga realizzata nel Paese, complica peraltro l’ingresso nel mercato indonesiano di prodotti richiestissimi dal settore manifatturiero nazionale (il cui contributo al PIL nazionale si è – non a caso – ridotto dal 24.8% del 2010 al 18.3% del 2022), in quanto necessari alla realizzazione di beni lavorati di alta qualità. La minore dinamicità del settore della trasformazione indonesiano finisce per marginalizzare l’importanza del Paese nelle catene globali del valore (l’Arcipelago è importante fornitore di materie prime).