Overview (ROMANIA)
L’Italia in Romania nel settore economico-commerciale: L’Italia è da oltre 10 anni il principale Paese investitore in Romania per numero di aziende registrate. Moltissimi sono i settori strategici che nei prossimi anni potrebbero rappresentare il volano per un ulteriore consolidamento della nostra presenza imprenditoriale, grazie alle opportunità dischiuse dai fondi europei, dai programmi di privatizzazioni, dalle prospettive di ammodernamento della rete infrastrutturale e dei trasporti, dal buon tessuto industriale esistente e dalla grande disponibilità di risorse agricole e minerarie.
Settori strategici: AGROINDUSTRIALE - Uno dei settori più promettenti è senz’altro quello agro-industriale. Esso costituisce infatti un asset strategico per l’economia del Paese, alla quale contribuisce con una quota consistente del PIL, e un target per gli investitori in considerazione di diversi fattori quali: la buona qualità del terreno, il suo costo particolarmente contenuto rispetto alla media degli altri Paesi europei, la possibilità di accedere ai fondi dell’Unione Europea. Le Autorità romene puntano sulla ristrutturazione delle piccole e medie imprese agricole e, al contempo, sull’ammodernamento del sistema di irrigazione e sullo sviluppo di un'industria di trasformazione delle materie prime agricole. L'Italia potrebbe trovare spazi in questo settore in cui eccelle ed in segmenti come quelli della c.d. “catena del freddo” e del packaging. L'Italia è presente da anni con importanti imprese nel settore agricolo tra cui Riso Scotti, Agrimon e Maschio Gaspardo. La produzione italiana si concentra su cereali, allevamento di animali, inclusi quelli da latte, alberi da frutta, ortaggi, uva.
TRASPORTI: Le infrastrutture sono uno dei focus principali del PNRR romeno. Il sistema stradale e ferroviario romeno necessita di ingenti investimenti e il governo intende utilizzare parte consistente dei fondi del Piano di Ripresa per sviluppare la connettività interna. I progetti includono la modernizzazione della rete ferroviaria (3,9 miliardi di Euro) attraverso la costruzione di nuove tratte, l’acquisto di materiale rotabile, l’upgrade in termini di capienza di oltre 110 stazioni e la costruzione di oltre 400km di nuove strade a scorrimento veloce, stazioni di carica per veicoli elettrici, illuminazione con energia solare per un investimento di 2,7 miliardi di euro. In Romania operano da anni aziende italiane leader nel settore dei trasporti (ferrovie, strade, autostrade) come Astaldi-Webuild, Pizzarotti, Todini, e Rizzani de Eccher, molte delle quali si sono aggiudicate importanti commesse negli ultimi anni e continuano, malgrado numerose difficoltà legate al ritardo nei pagamenti, a partecipare a nuove gare.
INDUSTRIA:
In sintonia con il resto del quadro macroeconomico, l'evoluzione della produzione industriale dei primi tre mesi appare significativamente più debole rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (-3,8%). Nel 2022 la produzione industriale aveva già registrato un calo del 2,3%, nonostante il livello di crescita altrimenti robusto. Il risultato è preoccupante per queste Autorità, poiché il settore secondario rappresenta il principale motore del PIL. La diminuzione della produzione industriale è dovuta al calo registrato dal settore della produzione e distribuzione di energia (-13,5%), nel contesto delle quotazioni di petrolio e gas naturale in calo e di un inverno più mite, e dal settore manifatturiero (-2,3%), mentre l’industria estrattiva ha registrato un aumento dell’1,7%.
Tra i rami industriali che hanno avuto un’evoluzione migliore nei primi 3 mesi del 2023 ci sono la fabbricazione di prodotti farmaceutici (+17,1%), la produzione di macchinari (+15,5%), la fabbricazione di computer e prodotti elettronici e di ottica (+13,4%), la trasformazione del petrolio (+13,4%) e la produzione di automobili (+10,6%). Al polo opposto si collocano rami come l'industria metallurgica (-34,3%), la lavorazione del legno (-22,8%), l'abbigliamento (-16,6%), la fabbricazione di sostanze e prodotti chimici (-15,7%), di alcuni prodotti minerali non metalliferi (-15,5%), la produzione tessile (-11,7%), i mobili (-11,5%), il materiale elettrico (-10,9%) e i prodotti in gomma e plastica (-10,2%).
Lo stretto collegamento fra Romania e alcuni suoi partner economico-commerciali rende poco probabile una pronunciata ripresa dell’attività industriale per il 2023: anche l’economia romena infatti subisce i contraccolpi del rallentamento della Germania e dell’economia europea. Molte industrie operanti in Romania stanno infatti già risentendo del calo degli ordini destinati all’esportazione a ovest.
Gli investimenti italiani nel settore industriale hanno fornito un contributo eccezionale alla crescita del Paese, in un primo momento soprattutto attraverso l’impegno di piccole e medie imprese (PMI), che hanno svolto un ruolo pionieristico, già venticinque anni fa, nell’avvicinarsi al nascente mercato romeno; in seguito, tramite l’interesse crescente di grandi gruppi industriali.
ENERGIA: La Romania può contare su una gamma diversificata di fonti di energia come gas naturale, combustibili solidi, petrolio ed energia nucleare, oltre a disporre di un importante potenziale di fonti rinnovabili ancora da valorizzare. Tra i principali obiettivi e le direzioni prioritarie generali della Romania nel settore energetico figurano: a) valorizzazione della produzione interna e diversificazione delle fonti di energia e della rete di trasporto di energia attraverso la Romania; b) incentivazione dei progetti di interconnessione transfrontaliera nel settore del gas e dell'elettricità; c) sviluppo di rapporti di cooperazione con importanti partner extra-UE, al fine di attrarre investimenti nell'industria nazionale. Numerose sono le aziende italiane che hanno investito nel settore energetico in Romania, soprattutto in quello delle rinnovabili che ha attirato dal 2010 ad oggi investimenti da oltre 6 miliardi di euro, complice anche l'estrema facilità di impiantare stabilimenti grazie alla rapidità delle procedure autorizzative romene. Recenti riforme legislative, però, hanno reso il settore delle rinnovabili meno remunerativo aprendo la strada ad un graduale disinvestimento di capitali stranieri.