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Quadro macroeconomico (TURCHIA)

Dopo la crescita record del PIL registrata nel 2017 (+7,4%), in cui la Turchia si è posizionata al primo posto tra i paesi del G20, l’economia turca ha subito un significativo rallentamento nel  secondo semestre del 2018, che era da più parti atteso anche alla luce delle tensioni valutarie dell’agosto 2018 e della politica monetaria restrittiva adottata dalla Banca Centrale per contenere l’inflazione. I dati pubblicati da Turkish Statistical Institute rilevano che, nel corso dell'intero 2018 il PIL è cresciuto del 2,6%, ma nel quarto trimestre si è ridotto del 2,4% scontati gli effetti del calendario facendo peraltro seguito ad una precedente diminuzione dell’1,6% nel terzo trimestre. La Turchia è pertanto entrata in recessione tecnica per la prima volta dal 2009.

L’obiettivo di crescita, indicato dal Governo nell’ultimo Piano Economico di Medio Termine per il periodo 2018 - 2020, è del 5,5% e dovrebbe derivare dallo sviluppo dei settori economici ad alto contenuto tecnologico quali la difesa, l'aviazione, ICT, i prodotti farmaceutici e chimici e tramite una politica di incentivi agli investitori stranieri affinché delocalizzino le loro produzioni in Turchia. Previsioni per il 2019 anche dalle principali istituzioni finanziarie internazionali: la Banca Mondiale si attende una crescita del 4%, il FMI del 3,9%.

Oltre alla volatilità della valuta nazionale, gli alti tassi di inflazione e disoccupazione rimangono tra i principali problemi dell’economia turca. Nel 2016 l’inflazione media si è attestata al 7,78%, al di sopra dell’obiettivo del  5% fissato dalla Banca Centrale, peraltro mai raggiunto. Nel 2017, invece,  il tasso medio di inflazione -mai sceso sotto il 9,58% - si è attestato all'11,14%, mentre nel 2018 l’inflazione media è stata del 16,22%. Tuttavia, la Banca Centrale turca ha rivisto al ribasso le previsioni sull’andamento dell’inflazione per il 2019 e per gli anni successivi. Il nuovo rapporto dell’Istituto bancario prevede a fine 2019 un’inflazione al 14,6%, che dovrebbe ridursi ulteriormente nel 2020 (8,2%) e nel 2021 (5,4%). L’obiettivo della Banca è quello di mantenere una politica monetaria restrittiva per supportare la stabilità dei prezzi  e controllare l’elevata inflazione che continua a registrarsi nel Paese.

 Il tasso di disoccupazione nel 2016 e nel 2017 è stato del 10,9%, con una disoccupazione giovanile (15-24 anni) del 19,6% e del 20,8% rispettivamente. Nel 2017 il numero dei disoccupati, quasi 3,5 milioni di persone, tende ad aumentare poiché la crescita dell’economia non è sufficiente ad assorbire l’aumento della forza lavoro. In particolare, ogni anno entrano sul mercato del lavoro circa un milione di giovani mentre anche la partecipazione femminile tende ad aumentare. Nel mese di novembre 2018, il tasso di disoccupazione è salito al 12,3% - un aumento del 2% su base annua - con una disoccupazione giovanile (15-24 anni) del 23,6%. Dal punto di vista settoriale, l’occupazione è così distribuita: il 55,8% è riconducibile ai servizi, il 20% all’industria, 17,7% all’agricoltura, il 6,5% all’edilizia. Come indicato nel nuovo Programma Economico della Turchia, annunciato a settembre 2018, il paese punta a raggiungere un obiettivo di disoccupazione del 10,8% nel 2021.

Infine, la sensitività del deficit della bilancia commerciale al prezzo delle risorse energetiche, che la Turchia importa pressoché interamente, rende il Paese dipendente dai capitali stranieri, la cui disponibilità, abbondante negli scorsi anni, è divenuta più costosa a seguito della riduzione del rating sovrano turco al di sotto dell’investment grade da parte delle tre principali agenzie di rating (Moody’s, Standard & Poor’s e Fitch). Nel corso del 2016 è venuto a mancare anche l’effetto positivo del turismo, ma nel 2017 si conferma una ripresa del settore con 38.620.346 presenze di  turisti stranieri che hanno visitato la Turchia. Turismo record nel 2018 con 39,5 milioni di visitatori stranieri con un aumento annuo del 21,8%, favorito dal deprezzamento della lira turca rispetto all’euro ed al dollaro. Un boom che ha garantito entrate complessive per 29,5 miliardi di dollari, con un aumento del 12,3% rispetto all’anno precedente. Tra gli stranieri con 6 milioni di presenze: russi, tedeschi, bulgari e britannici. In aumento anche i turisti italiani con oltre 280.000.

Ultimo aggiornamento: 22/03/2019