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Politica economica (BIELORUSSIA)

La Repubblica di Belarus presenta un'economia fortemente centralizzata in cui lo Stato controlla direttamente o indirettamente il 75% della produzione industriale, possiede il 60% degli investimenti in capitale fisso e impiega circa il 55% della forza lavoro.

Le attività produttive sono nel complesso moderatamente sviluppate con alcune punte di eccellenza in specifici settori (come il software engineering) e la componente più significativa costituita dalla produzione industriale. I settori più importanti sono: industria petrolchimica di raffinazione; produzione di mezzi pesanti (camion e autoarticolati) e assemblaggio autoveicoli; macchinari; produzione di energia elettrica; industria agroalimentare; lavorazione del legname.

Il ruolo invasivo dello Stato si esplica anche per mezzo della leva fiscale e amministrativa, dello strumento normativo (anche attraverso semplici decreti presidenziali) e finanziario (sussidi diretti), oltreché attraverso l'operato delle strutture di intelligence interna, prima fra tutte il KGB. Tra i principali ostacoli al pieno sviluppo del settore economico privato assumono un ruolo rilevante i meccanismi connessi al rilascio di licenze e permessi, la difficoltà di ottenere finanziamenti a tassi sostenibili, la molteplicità delle ispezioni statali all'attività economica privata, la gestione della fiscalità doganale e la difficoltà nel reperire manodopera qualificata a causa del basso livello salariale che spinge i lavoratori più qualificati a lasciare il Paese.

Il sistema bancario sconta evidenti rigidità, tendenzialmente dovute alla pervasiva presenza del Governo, che sorveglia con particolare attenzione tutti i flussi di denaro in entrata e uscita dal Paese, soprattutto se in valuta diversa dal rublo.

Quanto alla politica monetaria, si segnala che il cambio avvenuto ai vertici della Banca Centrale alla fine del 2014 ha segnato l’avvio di un corso meno interventista rispetto al passato. Ciò ha comportato, in un contesto comunque di grave difficoltà a causa della crisi dell’economia russa, l’aver evitato gravi crisi valutarie come quella del 2011, in cui si è registrata un’inflazione pari al 109%, e la stabilizzazione dei tassi di cambio e dei tassi di inflazione, anche grazie a una ridenominazione (la terza dall’indipendenza del Paese) nel luglio 2016 con un cambio pari a 10.000 vecchi rubli bielorussi per 1 nuovo rublo. Dopo anni di inflazione considerevole, per la prima volta il 2017 ha registrato un andamento decrescente dell’inflazione, con tassi ufficiali oscillanti fra 5 e 6 punti percentuali medi mensili confermati durante tutto il 2019. 

A seguito delle elezioni presidenziali del 9 agosto 2020 si è registrato un forte deprezzamento della valuta locale. Inoltre, il tasso di cambio del rublo bielorusso (BYN) rispetto al dollaro USA e all'Euro ha recentemente registrato un’ulteriore forte flessione a seguito del coinvolgimento della Bielorussia nell'aggressione russa contro l'Ucraina. Il deprezzamento del rublo bielorusso ha determinato un più alto tasso di inflazione, con un impatto negativo soprattutto sul potere di acquisto dei salari. La svalutazione del rublo bielorusso ha inoltre conseguenze negative per le imprese locali indebitate principalmente in valuta estera.

Peseranno sul settore finanziario nel medio termine sanzioni economiche mirate adottate dall’UE che limitato, inter alia, l'accesso ai mercati dei capitali dell'UE e vietano la fornitura di servizi di assicurazione e riassicurazione al Governo bielorusso e agli enti e agenzie pubblici della Bielorussia.

Ultimo aggiornamento: 18/11/2022