Politica economica (PAKISTAN)
Il Pakistan è un Paese essenzialmente agricolo, la cui struttura economica resta caratterizzata da una forte concentrazione di latifondi ed oligopoli. Si registra una forte commistione tra potere politico ed oligarchie economiche, a livello federale e provinciale, influenzando così l’imprenditoria privata, tradizionalmente riluttante al pagamento di significative imposte (il sommerso è stimato nel 100% del PIL ufficiale). Il sistema tributario vede la netta prevalenza della tassazione indiretta sui consumi, con una parcellizzazione delle agenzie fiscali a livello federale, provinciale e locale. Il Governo di Imran Khan aveva dedicato particolare attenzione ad incentivare l’afflusso di investimenti stranieri nel Paese, considerati essenziali per il miglioramento della situazione economica. A questo proposito, sono state istituite una trentina di Zone Economiche Speciali (ZES), che prevedono l’esenzione dalle tasse dei prodotti ivi fabbricati per l’esportazione, a condizione però che le imprese straniere vi costruiscano degli stabilimenti ex novo. Il Pakistan è poi interessato dal programma CPEC (China-Pakistan Economic Corridor), che prevede la costruzione di una serie di infrastrutture, dai porti alle strade, per permettere alle merci cinesi di raggiungere i mercati occidentali, aggirando l’India e l’Oceano Indiano. Tale progetto, che si colloca nel quadro della Belt and Road Initiative (la Nuova Via della Seta), trova il suo terminale nel porto di Gwadar, porto sull’Oceano Indiano costruito ed in larga parte gestito da una compagnia cinese. Tra le criticità, si segnala l’imposizione di barriere, tariffarie e non tariffarie, avviata a partire dal 2017 per limitare le importazioni e la conseguente fuoriuscita di valuta pregiata. Tali tariffe rendono difficile introdurre nel Paese particolari tipologie di prodotti, in particolare gli autoveicoli, scoraggiando la penetrazione straniera malgrado le ZES. Le misure protezionistiche sono culminate, il 19 maggio 2022, con un generalizzato divieto di importazione di beni non essenziali, misura poi ritirata a seguito di forti proteste, e sostituita con un forte aumento dei diritti doganali per tali beni.