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Overview (MYANMAR)

I rapporti del Myanmar con l’Italia, cosí come con l’intero Occidente, sono stati a lungo condizionati dal rigido isolamento, in parte auto-imposto e in parte voluto dalla Comunità internazionale, che ha colpito il paese (indipendente dal 1948) a partire dal colpo di Stato del 1962. Dopo mezzo secolo di una crudele dittatura militare, nel 2011 il paese ha imboccato la via di una transizione democratica cha ha condotto progressivamente alla rimozione delle sanzioni da parte di USA e UE (in quest'ultimo caso, la prima volta nell’aprile 2012 con una sospensione annuale, e poi nell’aprile 2013 con la loro abrogazione definitiva).

Con la graduale apertura del Myanmar al commercio e agli investimenti, hanno iniziato a stabilirsi anche le prime aziende italiane. Innanzi tutto l’ENI, attratto dalle risorse energetiche e che ha ora un Ufficio di una 30ina di persone, ma anche SIAE Microelettronica che nel 2015 ha aperto a Yangon una sussidiaria con una 15ina di unità, Myanmar Strategic Holdings (fondata da un cittadino italiano che ha costruito 4 hotel della catena “Ostello Bello”, alcune scuole di lingue, un college e una suola internazionale), la Danieli con alcune commesse nel settore metallurgico.

Anche durante la dittatura, in verità, non sono mancate sia pur limitate presenze italiane, soprattutto nei settori alberghiero e della ristorazione, grazie a partnership (spesso rimaste confidenziali) con attori locali.

I volumi restano ancora comprensibilmente bassi: in un primo tempo, subito dopo l’annuncio delle prime aperture del paese, gli attori economici internazionali hanno avviato una fase di osservazione e di studio; poi, dopo i primi entusiasmi ispirati dall’enorme potenziale del paese in molti settori, e proprio mentre alcune imprese si accingevano a passare alla fase operativa, è subentrata la crisi del Rakhine che, con le persecuzioni della minoranza Rohingya dell’ottobre 2016 e agosto 2017, ha nuovamente “raffreddato” i progetti di investimenti, nel timore di un eventuale ritorno delle sanzioni o di conseguenze reputazionali.

Occorre peraltro sottolineare che alcune operazioni sul Myanmar continuano ad essere condotte e “contabilizzate” da Uffici Regionali delle nostre aziende, e che una parte degli investimenti effettuati da soggetti italiani si muovono nominalmente da altri paesi dell’area dotati di un sistema finanziario adeguato. Lo stesso vale anche per alcuni acquisti dal Myanmar di prodotti italiani (soprattutto macchinari), che provengono da società costituite da cittadini birmani nei paesi vicini (in primis Singapore, ma anche Thailandia). 

In crescita anche gli ordini di case italiane (soprattutto nel tessile e calzaturiero) effettuati in favore di fabbriche fondate in Myanmar da soggetti taiwanesi, sudcoreani, hongkonghini o cinesi, e che in un futuro non remoto potrebbero tradursi in investimenti diretti.

In ogni caso, l’interscambio bilaterale ha evidenziato una crescita costante, passando in termini assoluti dai 126,5 milioni di euro del 2015 agli oltre 400,73 milioni del 2019.

Il Covid ha ovviamente interrotto questo processo, determinando un calo dell’interscambio nei primi 8 mesi del 2020 pari al -19,38% rispetto allo stesso periodo (gennaio-agosto) dell’anno precedente, una riduzione delle esportazioni pari al -28,63% e delle importazioni del -17,08%. In termini assoluti, sempre nello stesso periodo di riferimento (ultimi dati disponibili), le esportazioni italiane sono state pari a oltre 39 milioni di euro, le importazioni a 188,23 milioni.

Il saldo è negativo per l’Italia, che esporta cuoio conciato e lavorato, fibre tessili, motori generatori e trasformatori elettrici, macchine per la formatura dei metalli, macchine utensili, di impiego generale e speciale, strumenti e forniture mediche e dentistiche, e prodotti per l’alimentazione di animali. L’Italia importa invece soprattutto articoli di abbigliamento e altri prodotti tessili, calzature, cuoio conciato e lavorato, legno tagliato e piallato, gioielleria e pietre preziose, pesce, crostacei e molluschi, granaglie.

Malgrado il retaggio del passato, le potenzialità dei rapporti economici bilaterali restano enormi, non solo per le immense risorse naturali del Myanmar, ma proprio in considerazione del suo grado (quasi primordiale) di sviluppo e quindi delle sue notevoli necessità, sui fronti manifatturiero, infrastrutturale, della meccanizzazione agricola e della trasformazione agri-industriale, cosí come – in prospettiva – sul versante dell’aumento delle esportazioni italiane che potrà derivare dal miglioramento delle capacità d’acquisto dei consumatori locali.

Soprattutto, appare fortissima la complementarità tra i sistemi economici di Italia e Myanmar, con il nostro paese che potrebbe offrire know how, macchinari, prodotti finiti e investimenti, e l’ex Birmania ricca di materie prima e bisognosa virtualmente di tutto.

Merita di essere sottolineato che l’Italia ha sempre mantenuto (al pari delle principali potenze europee, ma a differenza di molti altri paesi) una rappresentanza ufficiale in Myanmar. Il 24 novembre 2020 è stato celebrato il 70˚ Anniversario delle Relazioni Diplomatiche bilaterali.

Le Autorità e la società civile locali sono consapevoli di questo nostro impegno a sostegno del cammino democratico della Birmania, cosí come apprezzano quello della Cooperazione italiana in favore dello sviluppo sostenibile del paese e di importanti progetti di elettrificazione e sviluppo rurale.

Il 6-8 aprile 2016 l'allora Ministro degli Esteri Gentiloni è stato il primo membro di un governo occidentale a fare visita al Paese all’indomani dell’insediamento del nuovo Esecutivo. Il Ministro era stato accompagnato da una delegazione imprenditoriale di cui facevano parte Danieli, Pirelli, IDS, Tenaris e SACE. Aung San Suu Kyi si e' recata a Roma nel maggio 2017, per incontrare il Presidente del Consiglio Gentiloni.

 

Ultimo aggiornamento: 01/12/2020