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Politica economica (SINGAPORE)

La politica economica di Singapore è tradizionalmente interventista. Il governo è direttamente coinvolto nella gestione dell’economia, non solo attraverso politiche micro e macroeconomiche, bensì con la diretta proprietà di diverse imprese operanti in svariati settori.

La dipendenza della Città-Stato dal commercio internazionale ha fatto sì che essa risentisse maggiormente della crisi finanziaria internazionale del 2008-2009 rispetto agli altri Paesi asiatici; da ciò Singapore si è comunque prontamente ripresa. A partire dal 2011 si è iniziato un piano per riformare la struttura dei redditi, ridurre la sperequazione e aumentare considerevolmente la produttività. Gli obiettivi di medio-lungo periodo sono stati, da un lato, cambiare il proprio modello di crescita, diminuendo la dipendenza dalla manodopera straniera e riqualificando verso l’alto le competenze a tutti i livelli della catena lavorativa e, dall’altro, riqualificare verso l’alto le competenze a tutti i livelli della catena lavorativa al fine di ottenere un  aumento di produttività complessivamente del 30% nel prossimo decennio, permettendo così a Singapore di superare i livelli delle economie più avanzate quali USA, Giappone e Paesi scandinavi.

Nel 2017 è stato pubblicato un rapporto sul futuro dell’economia singaporeana redatto dal Comitato Tecnico al fine di rilanciare le potenzialità della Città-Stato e fornirgli adeguati strumenti per poter affrontare le sfide di un’economia in continuo cambiamento. Lo scopo del rapporto, ha precisato il Comitato, guidato dal Ministro delle Finanze, è quello di fornire delle linee guida di carattere generale da seguire nel corso dei prossimi 10 anni.

Il documento si basa su tre pilastri chiave: Singapore deve rimanere un’economia aperta e connessa agli altri mercati, deve continuare a puntare sull’innovazione, e si deve rapidamente trasformare per adattarsi alle nuove esigenze di mercato. All’interno di queste tematiche sono state individuate sette strategie rivolte in particolare ai settori della finanza, dei servizi, della logistica, delle smart cities, della sanità, dell’economia digitale e manifatturiero:

  • Approfondire e diversificare le connessioni internazionali;
  • Acquisire e sviluppare “skills”;
  • Rafforzare le capacità di business;
  • Sviluppare adeguate capacità digitali;
  • Incentivare le opportunità;
  • Sviluppare il programma “Industry Transformation Maps” (ITM);
  • Rafforzare la collaborazione tra le società.

Essendo un piccolo paese, Singapore, oltre che puntare su una economia aperta, deve necessariamente lavorare su una piattaforma di differenti mercati e concentrarsi più che sulla creazione di “valore aggiunto” sulla ricerca di “nuove opportunità”.

In tale contesto risulta imprescindibile mantenere adeguati “skills”. A questo proposito è stata ribadita l’opportunità di sviluppare il programma studiato da questo Ministero del Commercio e dell’industria “Industry Transformation Maps” che investe al momento 23 aziende e prevede di approfondire specifiche capacità settoriali nonché la realizzazione di un programma di training professionale che dovrebbe creare 50 nuovi profili in più di 50 settori. Singapore, seppur attualmente in un contesto economico non molto favorevole, vanta ancora un mercato del lavoro dinamico.

La crisi economica causata dalla pandemia COVID-19 ha colpito significativamente anche l’economia della città-stato, che è stata fronteggiata dal Governo di Singapore con un pacchetto di stimoli di 92,9 miliardi di dollari di Singapore (60,2 miliardi di euro) corrispondenti a quasi il 20% del PIL del paese, finanziati in parte da riserve monetarie. Per puntare al rilancio dell’economia, il governo ha puntato ad alcune aree prioritarie: robotica, e-commerce, sostenibilità ambientale, digitalizzazione delle catene del va

Ultimo aggiornamento: 25/03/2022