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Politica economica (ZAMBIA)

La politica economica dello Zambia ha i suoi fondamenti nel documento programmatico Vision 2030. Il piano, redatto dal presidente Mwanawasa (MMD) nel 2006, ha l’obiettivo di condurre il Paese nel gruppo delle Stati a medio-reddito. Il documento si basa su sette principi di base: 1) sviluppo sostenibile e gender-responsive; 2) consolidamento democratico; 3) rispetto dei diritti umani; 4) radicamento dei valori tradizionali; 5) incentivazione del lavoro; 6) pace; 7) partnership pubblico-privato. La necessità di adottare un piano di lungo e ampio respiro è da ricercarsi nel fallimento dei precedenti Programmi di Sviluppo Economico Nazionali (National Development Economic Plan), i quali non hanno portato a un miglioramento del quadro economico.

Il piano individua sei principali obiettivi di crescita socioeconomica al 2030: crescita economica reale annua compresa tra il 6 e il 10%; contenimento del tasso di inflazione al 5%; contenimento del tasso di crescita demografico al di sotto dell’uno percento; contenimento del tasso di povertà al di sotto del 20%; assicurare l’accesso all’acqua potabile a tutta la popolazione. Da tali obiettivi si può evincere l’importanza di Vision 2030. In Vision 2030 il tema del contenimento del debito, oggi più che mai attuale, non è così centrale: l’aumento del debito è tollerabile solo a fronte di investimenti efficienti in grado di generare crescita economica. Tale prospettiva macroeconomica implica un approccio olistico allo sviluppo e alla crescita economica.

Sul piano macroeconomico, le principali priorità del governo sono: tasso di crescita annuo del PIL superiore al 5%, contenimento dell’inflazione sotto il 10%, creazione di posti di lavoro (riduzione della disoccupazione giovanile al 10%) e aumento dei guadagni da esportazioni non-minerarie superiore al 50%. Le riforme fiscali associate agli obiettivi di macroeconomia mirano a restituire una immagini più credibile della situazione finanziaria del Paese e all’erogazione di sussidi nei settori dei carburanti, dell’elettricità e dell’agricoltura. In sintesi, l’azione del 7NDP passa per le riforme e il decentramento del fisco, la ristrutturazione del budget, la revisione della gestione della finanza pubblica, l’erogazione di sussidi nel settore energetico e dell’agricoltura, le riforme del mercato del lavoro, delle pensioni e della terra, un maggiore coinvolgimento dello Stato nell’economia tramite l’acquisizione di imprese.

Nel 2020 il governo ha introdotto l’Economic Recovery Plan volto a risollevare il Paese tramite i seguenti obiettivi: ripristinare la stabilità macroeconomica, rendere sostenibile il debito, ripristinare la crescita, smantellare i debiti interni e salvaguardare la spesa per il settore sociale. Più specificatamente, gli obiettivi specifici dell’ERP sono: Raggiungere un tasso di crescita del PIL reale superiore al 3% entro il 2022; ridurre il deficit fiscale a non più del 9% nel 2021, del 6,1% nel 2022 e non più del 4,9% del PIL nel 2023; aumentare le entrate nazionali a non meno di una media del 18% del PIL nel periodo dal 2021 al 2023; ridurre e sostenere l'inflazione entro il 10% entro la fine del 2022; aumentare le riserve internazionali ad almeno 3 mesi di copertura delle importazioni entro il 2023; smantellare in modo significativo i debiti domestici e ridurne l'accumulo; ridurre il ritmo di accumulo del debito e garantirne la sostenibilità nei prossimi 3-5 anni. L’attuazione dell’ERP è oggi condizionata all’esito dei negoziati con il FMI. Se da lato le misure contenute nel piano potrebbero rispondere alle richieste dalla comunità internazionale; dall’altro, i target, le tempistiche e il monitoraggio dell’implementazione delle riforme sono tutt’altro che scontati. I negoziati sono già in corso e l’attuale governo ha pubblicamente espresso la volontà di giungere ad un accordo prima delle elezioni di agosto. Tuttavia, è verosimile ritenere che i negoziati si concluderanno dopo la tornata elettorale per tre ragioni. In primo luogo, sarebbe sconveniente per Lungu presentarsi dopo aver siglato un accordo sull’adozione di misure di austerità e rigore. In secondo luogo, la legittimità dell’accordo raggiunto potrebbe vacillare agli occhi della popolazione se sottoscritto da un presidente uscente. In ultimo, il nuovo Presidente potrebbe relazionarsi diversamente on il Fondo, forte dell’esito delle urne.

 

Ultimo aggiornamento: 28/04/2021