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Dove investire (MYANMAR)


Energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata (anche da fonti rinnovabili)

I ricchi giacimenti di gas e petrolio sono ancora fortemente sottoutilizzati, a causa delle carenze infrastrutturali e delle limitate capacità di sfruttamento (c.d. exploitation facilities).

Verso la fine del 2019 il Ministero per l’Elettricità e l’Energia (MOEE) ha annunciato che una 30ina di blocchi (15 onshore e 18 offshore) sarebbero stati offerti in gara. Al momento le imprese straniere possono operare solo nel mercato downstream, mentre la produzione upstream è ancora riservata alle compagnie locali e possedute dallo Stato. Quanto al gas naturale, lo stesso MOEE ha varato uno schema di importazione di gas liquefatto per il breve periodo, con l’obiettivo di “gestire” la domanda interna fino a quando non sarà disponibile il gas locale.

Sempre alla fine del 2019 il MOEE ha dichiarato che il 50% della popolazione ha accesso all’energia elettrica, con un netto e rapido miglioramento rispetto al 43% del 2018 e al 37% del 2017.

La Regione di Yangon, che costituisce il cuore della manifattura emergente del paese, da sola, assorbe il 42% del consumo energetico dell’intero paese. Le famiglie sono i principali consumatori di energia (42%), seguiti dagli impianti produttivi (36%), dagli esercizi commerciali e dai servizi (21%). Le fonti primarie di elettricità sono l’idroelettrico (57%), il gas naturale (36%), il carbone (6,7%) e le rinnovabili diverse dall’idroelettrico (ancora solo lo 0,3%). Da notare che il 90% dell’energia prodotta da dighe idroelettriche costruite in Birmania da ditte cinesi o tailandesi viene incanalato verso questi due paesi.

A fine del 2019, il Governo ha riconosciuto l’urgenza di rafforzare le reti di trasmissione d’energia e annunciato l’obiettivo di aumentare la generazione di energia elettrica a 4200 MW, per soddisfare la sempre crescente di domanda interna, derivante sia dal settore manifatturiero che dalla rapida urbanizzazione (che anch’essa si concentra nella Regione di Yangon). Il nuovo National Electrification Plan supporta questi obettivi, ponendosi l’ambizione di raggiungere l’accesso all’energia per tutta la popolazione entro il 2030.

Positivo che il Governo abbia adottato, nel luglio del 2019, una riforma dei prezzi dell’elettricità (precedentemente troppo calmierati): un elemento a lungo atteso anche dagli investitori internazionali ed essenziale a garantire la sostenibilità del settore energetico nel lungo periodo, vista la crescente domanda di energia per gli usi domestici, industriali e residenziali. Tariffe più alte consentiranno la crescita del settore. Si stima inoltre che, di tutti i Paesi della regione Mekong, il Myanmar abbia il più alto potenziale di produzione di energia solare con 26,962 MWp, anche in virtù del fatto che il 60%  del suo territorio è adatto all’insediamento di impianti fotovoltaici. Nonostante l’enorme potenziale e l’elevata attenzione, ad oggi non sono stati formulati specifici incentivi per le imprese estere nel settore delle rinnovabili. 

Dal 2014 il Myanmar è membro dell’EITI (Extractive Industries Transparency Initiative).

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            Costruzioni

            Il Myanmar sconta 50 anni di isolamento verso il mondo esterno e uno stato obsoleto delle infrastrutture, a partire da quelle di base. La capacità di generare energia elettrica è ancora assai limitata e il Myanmar rimane il Paese del Sud-Est asiatico con il minor consumo pro capite di energia elettrica. Il mercato delle costruzioni è uno dei più attraenti per gli investitori esteri, anche grazie al ruolo giocato dall’industria del turismo. Quest’ultima, nonostante la forte crescita degli ultimi anni, ha subito un pressoché totale azzeramento nel 2020 a causa del Covid (il paese ha sigillato frontiere ed aeroporti internazionali fin dal marzo scorso e, con l’arrivo della seconda ondata verso fine agosto, ha nuovamente chiuso tutte le strutture ricettive).

            Da sottolineare l’importanza delle tre Zone Economiche Speciali programmate dal governo, dove le imprese estere potranno godere di alcuni incentivi (quali ad esempio esenzioni fiscali): ossia quella di Thilawa (situata a 20 km a sud-est di Yangon e l’unica operativa, mentre le altre sono ancora in fase di costruzione), Dawei (nella regione del Thanintharyi, vicina alla Thailandia), e quella di Kyaukpyu (nello Stato occidentale del Rakhine).

            In particolare, Cina e Giappone hanno già avviato ingenti progetti di costruzione in queste tre zone, ad esempio l’Industrial Park Development, nella zona economica speciale di Thilawa, detenuto in joint venture dalla Myanmar Japan Thilawa  Development Limited (MJTD), e il porto ad alta profondità nella zona economica speciale di Kyaukpyu, nella quale operano società cinesi. Di  recente realizzazione e di notevole importanza geopolitica sono l’oleodotto e il gasdotto che collegano il porto di Kyaukpyu alla provincia meridionale cinese dello Yunnan. Tali investimenti, uniti all’interesse di Pechino alla rilevazione di quote di maggioranza del porto stesso, rientrano nella Belt and Road Initiative lanciata dal governo cinese

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                      Servizi di informazione e comunicazione

                      Si segnala la fine del monopolio nel settore delle telecomunicazioni, dominato dalla compagnia statale MPT, con l’assegnazione il 27 giugno 2013 di due licenze alla norvegese Telenor e alla qatarina Ooredoo.

                      Nel 2018 il governo ha rilasciato una quarta licenza a una nuova compagnia operata in joint-venture con la vietnamita Viettel e altre aziende birmane, tra le quali una controllata dalle forze armate.

                      La durata delle licenze è di 15 anni con la possibilità di un unico rinnovo per ulteriori 10 anni. I vincitori  si sono impegnati a una copertura di almeno il 75% per ogni regione/Stato del Myanmar dopo 5 anni dall’inizio dell’operatività e a offrire servizi a prezzi competitivi sia nelle zone urbane che rurali. Il settore delle comunicazioni cresce a vista d’occhio anche grazie alla domanda proveniente dalla giovane popolazione birmana che costituisce un importante  bacino  di  consumatori  assetato di novità.

                      Il mercato birmano della telefonia mobile e di internet (sostanzialmente precluso ai più fino al 2013, dato che all'epoca le schede SIM potevano essere ottenute solo a prezzi proibitivi), è ora ritenuto quello col più rapido tasso di sviluppo su scala globale.

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                                Flussi turistici

                                Il Covid ha bruscamente interrotto la crescita dei flussi turistici verso la Birmania (un paese bellissimo dal punto di vista naturalistico ed archeologico, ricco di storia e affascinante proprio perché rimasto intoccato dalle grandi rotte per mezzo secolo). Alcuni hotel di lusso, inaugurati o restaurati negli ultimissimi anni a Yangon (tra i quali lo Strand e il Rosewood, che aveva aperto nel 2019) sono stati completamente chiusi. Ma con il superamento della pandemia, nel 2021, questo settore e quelli connessi della ristorazione e trasporti, dovrebbero “rimbalzare” in misura sostanziale.

                                Nel 2017 è stato ampliato l’aeroporto di Yangon. Il paese ha tre aeroporti internazionali: Yangon (di gran lunga il più importante), Mandalay e Nay Pyi Taw (la capitale politica e amministrativa del Myanmar). Solo i primi due, peraltro, consentono trasporti di cargo.

                                A questi scali si aggiungerà quello di Bago (che si chiamerà Anthawaddy International Airport), situato un pò più a nord di Yangon e che dovrebbe essere completato entro il dicembre 2022. Sarà realizzato grazie ad un investimento di 1,5 miliardi di USD da parte di un consorzio singaporeano (con la Yongnam Holding e la Changy Airport Planners and Engineers, CAPE) e giapponese (con la JGC Corporation). Il nuovo terminal avrà una pista di 3,6 km e una capacità di 12 milioni di passaggeri.

                                Il Dipartimento Aviazione Civile del Ministero dei Trasporti ha inoltre annunciato l’upgrade degli aeroporti di Heho (Inle Lake, Stato Shan), Mawlamyine (Stato Mon) e Kawthaung (Regione Thanintharyi, vicino all’aercipelogo delle Margui Islands, nel bellissimo mare delle Andamane), col chiaro obiettivo di promuovere il turismo.

                                Qatar, Emirates e Thai erano le companie aeree che, prima della pandemia, operavano i collegamenti più agevoli tra Yangon e l’Italia, sia pure con uno scalo intermedio. L’italiana NEOS operava invece una frequenza settimanale diretta con Milano Malpensa, ma solo durante la stagione secca (quando si registra il picco turistico).

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                                          Legno e prodotti in legno e sugheri (esclusi i mobili); articoli in paglia e materiali da intreccio

                                          Il Myanmar è notoriamente ricco di legname – è infatti il principale fornitore al mondo di teak, sebbene il 75% sia esportato in maniera illegale – nonché di minerali come rame e nickel e pietre preziose: oltre al 90% dei rubini mondiali, anche zaffiri di rara bellezza, diamanti e quarzi d’ogni tipo, giada e oro. Il 35% delle foreste birmane sono di teak. Lo sfruttamento intensivo attuato o tollerato dalle giunte militari succedutesi dal 1962 fino al 2011 si è accompagnato ad una grave esfiltrazione delle risorse del paese verso l’estero e, alcune volte, ad un forte depauperamento delle stesse (soprattutto nel caso del legname). Nonostante la regolamentazione e le quote introdotte dal Governo dell’Unione, il Myanmar continua ad essere il primo esportatore di teak su scala globale, con una quota di mercato del 75%. A detta degli esperti, il  teak  birmano è, per qualità, robustezza e durata, il migliore del mondo. Il legname è destinato principalmente alla Cina, l’India e altri mercati regionali e, da qui, spesso riesportato verso l'Occidente. Storicamente, il Myanmar vantava un sistema avanzato  di  sfruttamento  sostenibile delle foreste, ereditato dal periodo coloniale inglese. Tuttavia, il disboscamento sta diventando una delle maggiori preoccupazioni del Paese, che occupa il terzo posto dietro Brasile e Indonesia tra i Paesi più a rischio, tanto che una delle sfide maggiori è quella di garantire una produzione sostenibile di teak.  Nell’ultimo decennio,  il Myanmar ha perso in media l’1,2% delle sue foreste all’anno,  pari annualmente al territorio del Brunei. Dal 1990 al 2010, è venuto a mancare il 20% delle foreste birmane (con la scomparsa anche di alcune specie animali, come l’elefante selvatico e la tigre). Per tale ragione, nel 2014, il governo ha posto freno alla deforestazione impedendo l’esportazione di legno non lavorato. Inoltre, con l’attuale normativa, l’Environment Conservation Law del 2012, il governo si impegna ad aumentare le riserve forestali esistenti del 30% e quelle protette del 10%. Si menziona il progetto di riforestazione presso alcune aree nella provincia di Bago e su specifici punti della riva del fiume Irrawaddy.

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                                                    Ultimo aggiornamento: 01/12/2020